Accordi aziendali in cerca di identità.

Con il varo della legge delega sembrano ridursi i margini di confronto tra imprese e sindacati.

(…) Si può anzi dire che il Jobs Act con la sua carica di novità appaia come la conferma del fallimento delle prassi negoziali a livello aziendale.

(…) E’ sufficiente esaminare i temi e le materie contemplate della delega (mansioni in pejus, controlli a distanza ex articolo 4 e licenziamento economico) per riconoscere chiaramente materie e istituti che ben potevano essere oggetto di regolamentazione in deroga mediante accordi aziendali o territoriali – a mente dell’accordo interconfederale del giugno 2011 e della legge 148/11 con gli accordi di prossimità – anticipando anche solo in parte soluzioni normative che da gennaio saranno definitive e generalizzate per tutti.

(L. Failla, Il Sole 24 Ore, 19.12.2014)

I sindacati vadano nelle aziende.

Il loro posto non è nei talk show. Lo dice il sociologo Bruno Manghi, già leader dei metalmeccanici Cisl.

(…) Fatta eccezione per il Belgio e i paesi scandinavi, ove i sindacati esercitano poteri istituzionali nella gestione del welfare, nel resto dell’Occidente si registra da molto tempo una perdita di rappresentatività.

(…) nonostante il calo di rappresentatività, il sindacato resta un veicolo di partecipazione volontaria più vasto di partiti, confederazioni economico-imprenditoriali, associazionismo religioso.

(…) La Cgil è la realtà sindacale più prigioniera della retorica.

(E. Petti, Italia Oggi, 05.11.2014)

Meno tensioni con la cogestione in fabbrica.

(…) Poco si parla però dell’assetto societario e proprietario delle aziende. Gestite o cogestite? Proprietà pubblica o privata? Nessuno ne parla. Eppure riguardo la struttura societaria delle grandi aziende italiane o multinazionali in Italia salta agli occhi il fatto che poche aziende e multinazionali prevedano l’adozione del sistema duale di governance e quindi la costituzione di un Consiglio di Sorveglianza come previsto in via opzionale dal Codice Civile.

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UBI, accordo con i sindacati su 500 esuberi.

(…) Le uscite saranno prepensionamenti concordati, oppure saranno ammortizzate attraverso l’accesso al fondo nazionale di sostegno al reddito; l’accordo prevede anche “un contenimento degli oneri derivante dai criteri di fruizione dei congedi e dal ricorso a forme di flessibilità” come il part-time o il telelavoro. UBI Banca procederà inoltre, tra il 2015 e il 2016, all’inserimento di 150 nuove risorse e alla stabilizzazione di 130 rapporti di lavoro temporaneo.

(M. Franzini, Milano Finanza, 27.11.2014)

Lavoro e impresa, partecipare funziona.

Non è solo il posto fisso a non esistere più. È il lavoro meramente dipendente a essere in forte trasformazione verso due poli opposti: da un lato il ritorno a forme di sfruttamento intensivo, al limite dello schiavismo nei campi e in alcuni servizi; dall’altro un coinvolgimento sempre più profondo del lavoratore, chiamato non più solo a prestare un’opera, ma a fornire un apporto anzitutto creativo e di responsabilità personale, a essere pienamente partecipe di un’intrapresa. È un’evoluzione che, sul fronte dei lavoratori, trova sempre maggiori disponibilità, fino all’assunzione di una parte del rischio imprenditoriale. Ma alla quale spesso non corrispondono altrettanto coraggiose aperture da parte delle imprese. E soprattutto manca un’adeguata strumentazione legislativa che sia di supporto e di promozione.

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