2015, i contratti che mettono “all’angolo” i sindacati.

Raccordo tra contrattazione nazionale e contrattazione aziendale, coordinamento giuridico e contrattuale tra norme generali e pattuizioni individuali, rigidità delle regole centrali e necessità di adeguamenti aziendali nelle singole imprese: sono questioni che continuano a tenere banco nelle relazioni sindacali dei diversi settori, di fronte all’importanza di ricercare i necessari equilibri tra un quadro di garanzie universali e gli adattamenti alle diverse situazioni specifiche (un vecchio sindacalista mi diceva sempre: come si fa a regolare il part-time in modo general generico per tutti; e infatti cosa c’entra un impianto petrolchimico con McDonald’s?).

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Accordi aziendali in cerca di identità.

Con il varo della legge delega sembrano ridursi i margini di confronto tra imprese e sindacati.

(…) Si può anzi dire che il Jobs Act con la sua carica di novità appaia come la conferma del fallimento delle prassi negoziali a livello aziendale.

(…) E’ sufficiente esaminare i temi e le materie contemplate della delega (mansioni in pejus, controlli a distanza ex articolo 4 e licenziamento economico) per riconoscere chiaramente materie e istituti che ben potevano essere oggetto di regolamentazione in deroga mediante accordi aziendali o territoriali – a mente dell’accordo interconfederale del giugno 2011 e della legge 148/11 con gli accordi di prossimità – anticipando anche solo in parte soluzioni normative che da gennaio saranno definitive e generalizzate per tutti.

(L. Failla, Il Sole 24 Ore, 19.12.2014)

I sindacati vadano nelle aziende.

Il loro posto non è nei talk show. Lo dice il sociologo Bruno Manghi, già leader dei metalmeccanici Cisl.

(…) Fatta eccezione per il Belgio e i paesi scandinavi, ove i sindacati esercitano poteri istituzionali nella gestione del welfare, nel resto dell’Occidente si registra da molto tempo una perdita di rappresentatività.

(…) nonostante il calo di rappresentatività, il sindacato resta un veicolo di partecipazione volontaria più vasto di partiti, confederazioni economico-imprenditoriali, associazionismo religioso.

(…) La Cgil è la realtà sindacale più prigioniera della retorica.

(E. Petti, Italia Oggi, 05.11.2014)

Lascia Bonanni, arriva una donna. Per favore, non cambiate solo le facce.

(…) la Cisl, anche nella stagione di Bonanni, ha mostrato di avere molte idee innovative, frutto di una lunghissima elaborazione. I fatti hanno dato ragione a una parte fondamentale di quel bagaglio, dalla partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa alla contrattazione decentrata, per dire delle due ricette più importanti.

(…) Il cambio al vertice di un sindacato importante come la Cisl apre dunque la possibilità di imboccare una strada nuova. Quella dell’apertura ai problemi posti dalla depressione economica e dalla dilagante disoccupazione. Della comprensione delle necessità inedite di nuove generazioni che tentano di affacciarsi nel mondo del lavoro con un nuovo portato di cultura e di voglia di fare.
Forse anche la strada di un graduale ripensamento su un modello fondato su tre sindacati figlio di una tripartizione partitica della Prima repubblica, mentre stiamo entrando nella Terza, e di una idea basata sul collateralismo fra forze politiche e organizzazioni sindacali.

(M. Lavia, europaquotidiano.it, 24.09.2014)

La svolta di Landini: dal fianco dei deboli al salotto di Renzi.

(…) Caro Landini non crede che se questo governo avesse affrontato “i veri problemi” forse non ci ritroveremmo così ?

(…) Mi perdoni se glielo dico con la mia solita franchezza, ma il “cambiamento” mi sembra che lo incarni più lei di Renzi, però nel senso di mutazione genetica: da sincero paladino dei più deboli e riferimento per la sinistra, che non aveva paura di sfidare neanche il feroce Marchionne (…), lei oggi pare pensare più che altro a smarcarsi dalla Camusso, alle beghe con la Cgil, ad accreditarsi nel salotto del potere.

(L. Costamagna, il Fatto Quotidiano, 02.09.2014)

Le tute blu del nuovo millennio sono quelli che lavorano al computer.

Il mito infranto di una generazione che è passata dal sogno infranto di fondare una start up a impieghi da operaio 2.0. Pochi posti davvero creativi. Molti per la manodopera a basso valore aggiunto.

I galoppini della Rete, abituati ad andare avanti senza orari, a cottimo, da casa come le sarte di una volta. “Quando dico che mestiere faccio, la gente subito: bello ! Bè, insomma, due cojoni”.

(…) “E’ un Far West” dice Patrizia Tullini, docente di Diritto del lavoro all’Università di Bologna: “In cui il grosso del potere contrattuale è nelle mani dei committenti”.

(…) L’ultima novità riguarda i soldi. Virtualizzati, anche quelli: sulla piazza di Amazon i lavoretti sono pagati spesso non con dollari veri, ma con monete immateriali da spendere dentro la stessa piattaforma per acquistare libri, scarpe, dvd.

(F. Sironi, Il Foglio, 23.06.2014)

Un interinale delegato RSU.

Alla Cainelli Meccanica primo dipendente in somministrazione nel sindacato di base.

(…) “La contrattazione del lavoro in somministrazione deve cambiare, evolversi. Sono otto anni che lavoro, ho un curriculum ricco, ho ricoperto varie mansioni in molte ditte e in alcune mi sono fermato abbastanza da raggiungere il terzo o quarto livello di contratto”.

(M. Pfaender, l’Adige, 22.06.2014)

Germania, cala l’influenza dei sindacati.

In Germania: “Sono diventati i dinosauri dell’economia”, dice il settimanale Wirtschaftswoche.

I boss centrali ce l’hanno con i consigli di fabbrica.

(…) I dipendenti sono pronti a firmare compromessi con la direzione su straordinari, ferie e aumenti salariali che irritano i boss sindacali.

(…) Nei settori produttivi più moderni i dipendenti tendono a non iscriversi a nessun sindacato: il loro lavoro è spesso organizzato in modo individuale e flessibile, e ci si fida di più di regolare il rapporto attraverso colloqui personali o con la collaborazione dei colleghi dei consigli aziendali.

(R. Giardina, ItaliaOggi, 09.05.2014)