Colombi (UILPA), la buona formazione si fa con la partecipazione dei lavoratori.

L’ultima direttiva della Funzione Pubblica in materia di formazione inizia con un’affermazione che potremmo sottoscrivere a occhi chiusi: “La formazione e lo sviluppo delle conoscenze, delle competenze e delle capacità del personale della pubblica amministrazione costituiscono strumento fondamentale nella gestione delle risorse umane e si collocano al centro del processo di rinnovamento della pubblica amministrazione”.

Come non essere d’accordo? Del resto, basta leggere alcuni articoli del CCNL Funzioni Centrali 2016-2018 per trovare concetti molto simili. Si trattò allora di una salutare sterzata figlia di una visione partecipativa centrata sul sistema di relazioni sindacali definito negli accordi collettivi nazionali. In questa prospettiva il lavoro pubblico assunse la dimensione di un percorso in continua evoluzione che il datore di lavoro doveva supportare attraverso una serie di iniziative. Ad esempio: valorizzare il patrimonio professionale presente nelle amministrazioni, garantire l’aggiornamento professionale, favorire la crescita professionale del lavoratore in funzione della costituzione di figure professionali polivalenti, incentivare comportamenti innovativi per sostenere i processi di cambiamento organizzativo.

Sono passati più di tre anni dalla firma di quell’accordo e i risultati sono stati molto scarsi. Oggi il governo corre ai ripari ed emana una nuova direttiva sugli stessi argomenti. Ci auguriamo che stavolta sia davvero applicato quello che si scrive. Ci chiediamo però come sarà possibile se non si supera la mentalità burocratica che riconduce la formazione dei pubblici dipendenti a un adempimento amministrativo disciplinato a colpi di decreti, circolari, richiami e combinati disposti vari. Ci chiediamo inoltre come si possa mettere al centro di un progetto formativo un’idea dinamica del lavoro e delle competenze se i piani della formazione nelle singole amministrazioni non vengono discussi con le organizzazioni sindacali.

Purtroppo non c’è verso di condividere con i vertici politici e amministrativi i contenuti dei fabbisogni professionali e formativi del personale prima che siano trasformati in atti gestionali. I criteri con cui vengono selezionate e poi scelte le strutture esterne che svolgono l’attività di formazione rimangono misteriosi, così come la scelta degli argomenti e dei destinatari delle sessioni formative. Sono problemi che il sindacato denuncia da anni, ma a cui la nuova direttiva non offre alcuna risposta.

Vogliamo parlare seriamente di formazione? Allora portiamo i piani formativi ai tavoli del confronto sindacale in ciascuna amministrazione per un approfondito esame congiunto dei programmi, degli obiettivi, dei destinatari, delle condizioni di svolgimento e dei fornitori esterni. Partecipazione e trasparenza sono i requisiti di una buona formazione. Il resto sono direttive che non funzionano.

(Ansa)

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