Daniele Trabucco – L’eredità del Movimento Sociale Italiano

Il 26 dicembre dello scorso anno sono stati ricordati i settant’anni della nascita del Movimento Sociale Italiano.

Uno degli aspetti caratterizzanti la proposta politica dell’ MSI, che interessa particolarmente il giurista pubblicista, fu quello del cosiddetto corporativismo costituzionale sul quale merita ricordare sia il volume del 1963 Democrazia Corporativa di Diano Brocchi, sia gli studi di un grande Maestro, il prof. Gaetano Rasi, recentemente scomparso. In contrapposizione alla democrazia solo formale dei regimi liberisti e partitocratici, tendenzialmente oligarchici ed indifferenti allo sviluppo solidale della comunità alla quale appartiene un popolo nella sua consapevolezza, il MSI propose viceversa una democrazia sostanziale caratterizzata dal superamento dell’antinomia tra capitale e lavoro, dalla partecipazione dei lavoratori alla gestione ed ai risultati economici dell’impresa e dalla programmazione economica nazionale concertata tra lo Stato e la categorie produttive e della cultura. Furono proprio queste scelte di “politica economica” a condurre alla formulazione di proposte concrete di revisione costituzionale in senso presidenzialista, con una netta differenziazione di una delle due Camere in termini rappresentativi delle competenze, rispetto al modello parlamentare a debole razionalizzazione scelto dai Costituenti nel 1947. L’intento, chiaro fin dal primo discorso di Almirante sulla pacificazione nazionale, era quello di uno Stato forte, funzionale alla tutela ed alla cura degli interessi italiani, al cui interno la dialettica dei ruoli e delle posizioni fosse composta da una organicità di intenti e di aspirazioni. Per conseguire questo risultato diveniva necessario, anche sulla scia delle considerazioni critiche del Maranini relative al sistema dei partiti, superare la partitocrazia generata ed alimentata dal compromesso costituzionale e dalla forma di governo parlamentare per mettere finalmente, scriveva Ugo Spirito nel 1972, “scienza e tecnica all’interno del potere politico”.

Una proposta ancora attuale nell’epoca della globalizzazione e della post-verità? La risposta non può che essere affermativa, proprio al fine di porre un freno alle derive dello Stato “globalizzato” neo-liberale, che plasma la società attraverso il modello dell’impresa determinando, in questo modo, non solo un decadimento del ruolo sociale del cittadino-lavoratore, ma anche la creazione di una sorta di cittadino che assume sempre di più la fattezze dell’homo oeconomicus, dell’individuo che non rinuncia al proprio interesse egoistico ma che lo persegue in vista della moltiplicazione e soddisfazione dei bisogni dell’insieme, piuttosto che dell’homo juridicus, dell’uomo “animale politico”.  Dal progetto politico del Movimento sociale italiano non si può, allora, che ripartire per evitare la “privatizzazione dello Stato” imposta dalla finanza internazionale, per la riscoperta dei fondamenti spirituali e pre-politici dell’ordinamento costituzionale contro l’egemonia della cultura economica e mercatistica, per la predisposizione di nuove garanzie e forme di tutela per i lavoratori. Dobbiamo fare presto…

(www.atuttadestra.net, 17.01.2017)

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