Enrico Cisnetto – Il ritorno delle parti sociali

Avanguardia tra le avanguardie. Il metalmeccanico è da sempre il settore più turbolento e innovativo nel campo dei rapporti tra imprenditori e sindacati, e il piano appena lanciato da Federmeccanica ha le stigmate giuste per stravolgere (in positivo) le relazioni industriali, creando l’occasione per le parti sociali, dopo anni di discredito e vittime della disintermediazione renziana, di riprendersi un poco del ruolo perduto.

La proposta è rivoluzionaria per le regole su inquadramento, welfare aziendale (al 100% ed esteso anche ai familiari), previdenza complementare, partecipazione dei lavoratori agli utili, formazione, diritto allo studio, orario, trasferte, reperibilità. Questo tentativo di aggiornare le regole dal vecchio schema fordista del Novecento alle esigenze e dell’economia del 2016 è, a quanto pare, sostanzialmente accettato dai sindacati, tranne che per due fondamentali elementi: la contrattazione aziendale, che può valere fino a 260 euro a lavoratore, e l’esclusione di aumenti salariali a livello nazionale nel 2016. Gli accordi decentrati, infatti, pur migliorando la produttività e arricchendo i lavoratori, indebolirebbero il potere politico dei sindacati, che sarebbero costretti a ritornare alla loro funzione originaria. Negli anni scorsi, per esempio, non sono stati accettati accordi aziendali che consentivano la partecipazione dei lavoratori ai profitti delle imprese pur di difendere, adducendo ragioni ideologiche, la contrattazione centralizzata. Questo, come la battaglia persa sul Jobs Act, l’arroccarsi su posizioni conservatrici (articolo 18) o il calo degli iscritti tra i giovani, palesano il declino di legittimazione del sindacato, acuito dalle scelte di Renzi. Ma, forse, il colpo di reni Federmeccanica può permettere la svolta. Non è un caso che Cgil, Cisl e Uil stiano lavorando ad una controproposta unitaria che possa respingere il tentativo del governo di introdurre il salario minimo legale di 7 euro l’ora, allo scopo di tornare protagonisti in una scena occupata dal duo Renzi-Marchionnne. Purtroppo, i sindacati insistono per la validità “erga omnes” dei contratti nazionali, non capendo che è definitivamente tramontato il tempo della divisione in classi, del conflitto permanente e della concertazione nazionale. Sono cambiati il tessuto produttivo, la struttura sociale, la dinamica politica. Federmeccanica, invece, lo ha capito, e punta tutto sulla contrattazione aziendale, tra l’altro sfruttando l’aliquota ridotta del 10% sul salario di produttività prevista dalla legge di Stabilità 2016.

E’ vero, la disoccupazione scende, mentre il tasso di occupazione sale. Ma non di molto. Dall’introduzione del Jobs Act sono passati 9 mesi in cui i dipendenti a tempo indeterminato sono aumentati di sole 37 mila unità. Al netto degli incentivi, insomma, il risultato delle politiche del lavoro del governo non è entusiasmante. Forse, allora, per spingere la produttività, evitare gli squilibri della cassa integrazione, tutelare i lavoratori e non i posti di lavoro, la flessibilità e non il precariato, le parti sociali dovrebbero recuperare il loro ruolo: trovare gli accordi tra loro, saltando il governo della disintermediazione. Renzi ha permesso di smuovere, dopo decenni, la guerra di trincea, ideologica ed estremizzante, tra sindacati e imprenditori. Federmeccanica si è mossa. Ora tocca agli altri.

(www.terzarepubblica.it, 10.01.2016)

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