Il dibattito a destra – La sfida della partecipazione dei lavoratori

Quando Cesare attraversò il Rubicone pronunciò la famosissima frase che noi tutti conosciamo: «Alea iacta est». Nessuno al tempo, nemmeno Cesare stesso, poteva immaginare che oltrepassare quel confine lo avrebbe reso immortale. I confini posso essere reali e concreti, come quelli di una nazione, o possono essere barriere ideali oltre le quali si ha paura di andare.

Un certo mondo politico ha avuto per anni come suo Rubicone la straordinaria idea della partecipazione dei lavoratori. Non si tratta di un concetto semplice: la democrazia economica e la partecipazione agli utili e alla gestione delle aziende implica infatti uno studio approfondito, storico ovviamente, ma anche riguardante la natura organizzativa della nuova industria. Il nostro Paese annovera illustri studiosi che, nel passato, hanno trattato in maniera seria e dettagliata l’annosa questione, uno su tutti Gaetano Rasi. Oggi, nell’era della società liquida il cui obiettivo in ambito economico sembra essere quello di trasformarci in atomi dediti alla produzione, se si è tra i fortunati, e al consumo più sfrenato senza un vero obiettivo, noi come comunità di produttori e di cittadini che consapevolmente costruiscono il proprio futuro abbiamo il dovere di provare a superare il Rubicone e dare forma a talune idee.

In questi giorni, Alessandro Di Battista ha parlato di cogestione dei lavoratori per frenare il continuo dissanguamento dell’industria italiana, che supera i confini del proprio Paese per produrre ovunque possa pagare i lavoratori come schiavi. Ebbene sì, la partecipazione potrebbe essere un modo per frenare un processo insostenibile, spesso infatti la pessima gestione di taluni manager ha causato acquisizioni assurde e crisi aziendali indotte. La presenza dei rappresentanti del lavoro, istintivamente portati a tutelare il proprio posto, aiuta a far sì che difendano il proprio ruolo di produttori, ma anche quello di cittadini di un dato territorio a cui sono legati fortemente, e ciò implica in maniera consequenziale la fusione di due parole concrete: lavoro e patria.

Le dichiarazioni di Di Battista non sono state certamente le prime e ci sono studiosi giovani e meno giovani che non hanno mai smesso di discutere di partecipazione, come Nazzareno Mollicone, memoria vivente del sindacalismo nazionale, o Francesco Carlesi, autore di diversi testi di taglio storico sul sistema corporativo, oltre a svariati articoli su questo giornale e su tanti altri quotidiani online o riviste scientifiche. In questi giorni anche Mario Bozzi Sentieri ha pubblicato un interessante articolo sul Barbadillo inerente la questione, ma soprattutto sulla volontà dell’onorevole Meloni di riprendere l’argomento e il dibattito sulla partecipazione dei lavoratori.

Nei ranghi dell’Ugl, erede storico della Cisnal, l’argomento ovviamente è sentito in modo particolare: come non ricordare il testo scritto dallo stesso Bozzi Sentieri e da Ettore Rivabella, dirigente Ugl, dal titolo “Lavoro è Partecipazione”? Ciò che però può far riflettere sull’attualità dell’argomento è la giusta reazione, dopo le dichiarazioni di Di Battista, del segretario generale del sindacalismo nazionale, Francesco Paolo Capone, che ha risposto al leader grillino con un editoriale sul quotidiano dell’Ugl, LaMetaSociale, dove evidenzia in maniera forte come per l’Ugl la partecipazione sia cosa viva e per la quale lottare. Lo stesso Capone afferma, dopo essersi complimentato con Di Battista, che “i tempi per la partecipazione dei lavoratori alla gestione degli utili di impresa in Italia sono assolutamente maturi”e che ciò “implica un salto culturale da parte di tutti”. Credo quindi che sia giunto il momento di serrare i ranghi e aprire una seria discussione, una tavola rotonda tra esponenti del sindacato, del mondo accademico e politico, per dar vita ad un consesso che possa superare finalmente il Rubicone, perché oramai anche per noi «Alea iacta est».

(L’intellettuale dissidente)

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