Innovazione sociale e politiche del lavoro: più spazio ai lavoratori nelle aziende.

Torna spesso la definizione di Trentino come laboratorio di sperimentazione, in campo politico e amministrativo, in campo sociale e delle politiche del lavoro. L’intervento del vicepresidente Alessandro Olivi sull’Adige offre lo spunto per soffermarsi su quest’ultima dimensione, quella del lavoro, che, dal nostro punto di vista è uno degli ambiti che dà sostanza alla definizione.

E’ inconfutabile che la nostra provincia in questi anni ha compiuto importanti passi avanti sul piano delle politiche del lavoro, spingendosi a delineare soluzioni innovative che non hanno eguali nel resto del Paese. E ciò è stato possibile anche grazie ad un solido e costruttivo dialogo sociale in cui il sindacato confederale ha giocato un ruolo attivo: sono state costruite risposte ai bisogni delle persone, a chi è in cerca di un’occupazione, a chi ha perso il lavoro e rischia di scivolare in condizione di marginalità sociale, a chi si è ritrovato nell’impossibilità di rispondere alle necessità sue e della sua famiglia. Il nuovo assegno unico provinciale, il reddito di attivazione, il fondo di solidarietà territoriale ne sono la prova tangibile. Pur non volendo, però, mettersi nei panni di chi vede sempre il bicchiere mezzo vuoto non possiamo limitarci a vedere il buono che è stato fatto senza guardare avanti. Al di là degli indicatori economici e dei numeri di un mercato del lavoro in crescita, per molte famiglie la crisi è ancora una realtà con cui misurarsi tutti i giorni. Per questa ragione è importante interrogarci su cosa dobbiamo ancora fare. Ce lo impongono il risentimento sociale diffuso anche nella nostra comunità, le situazioni di incertezza in cui vivono molte famiglie, la frustrazione di molti giovani che non trovano un’occupazione o devono accontentarsi solo di lavoretti.

Per questo è necessario continuare ad investire in innovazione sociale e politiche del lavoro, e allo stesso tempo avere il coraggio di valutare l’efficacia degli strumenti messi in campo. Non dobbiamo avere paura di cambiare se in ballo c’è l’efficacia delle politiche adottate. A cominciare dal Fondo di solidarietà territoriale che rappresenta uno strumento dalle grandi potenzialità nelle mani delle parti sociali, considerato che si può occupare di formazione continua e riqualificazione professionale, oltreché di integrazione del reddito, e che per questo va messo in grado, dopo un anno di rodaggio, di essere pienamente operativo in tutti i propri ambiti, utilizzando al meglio le risorse di cui è dotato per sostenere imprese e lavoratori in una fase di grande trasformazione dei sistemi produttivi e dell’organizzazione del lavoro.

C’è poi il nuovo reddito di attivazione (Real) e il pacchetto di incentivi alle assunzioni stabili. Il primo strumento, che rappresenta una sperimentazione da monitorare in maniera seria, punta ad incentivare l’attivazione dei disoccupati con più di 40 anni che possono accedere ad un beneficio economico nel momento in cui assumono impieghi anche a termine. Il secondo vuole favorire l’inserimento nel mercato del lavoro di giovani, donne e disoccupati con più di 50 anni, sostenendo economicamente le imprese che puntano a garantire un’occupazione stabile ai propri neoassunti. Anche su questo fronte è necessario verificare gli effetti di questi interventi adattandoli al mutato quadro degli incentivi statali.

L’assegno unico provinciale poi va ancora rafforzato sia nella sua dimensione di strumento di inclusione sociale, sia di sostegno alle famiglie anche nell’ottica di sostenere la natalità.

C’è il grande tema della qualità del lavoro che ci ricorda come accanto alle politiche pubbliche è necessario siano centrali anche le relazioni industriali, dimensione che la contrattazione adattiva di questi anni di crisi ha fatto scivolare in secondo piano. In questo senso un importante stimolo arriva da LaReS-Laboratorio delle Relazioni di lavoro e sindacali quale luogo concreto in cui si concorre, insieme, a far crescere cultura. E’ anche ripartendo da questo luogo di confronto che si deve riaprire il dibattito sulla qualità del lavoro, tema che non può essere scisso dalla partecipazione dei lavoratori nelle imprese. Creare le condizioni per fare partecipare i lavoratori alla gestione dell’azienda aumenta la qualità del lavoro e dunque la soddisfazione di chi lavora, ma anche la competitività delle imprese. La politica può individuare, ed in parte lo ha fatto, strumenti per spingere in questa direzione, ma è ruolo delle parti sociali muoversi con determinazione su questo terreno. Fino ad oggi sono mancati coraggio e volontà, ma è anche facendo cultura delle relazioni industriali che si possono aprire spazi per innovare in questo campo.

(F. Ianeselli, L. Pomini, W. Alotti, Comunicato unitario CGIL-CISL-UIL del Trentino, www.uiltn.it, 12.01.2018)

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