Intervista a Luca Berretti

l-berretti_fotoCi parli di lei…

Attualmente mi occupo di gestione delle risorse umane per un’importante azienda di distribuzione e vendita di energia che opera su tutto il territorio regionale toscano. La mia formazione accademica (Laurea Specialistica in Sociologia e ricerca sociale, indirizzo in Analisi e politiche dello sviluppo locale e regionale, presso l’Università degli studi di Firenze) mi ha portato ad appassionarmi alle tematiche legate al mondo del lavoro, alle sue problematiche ed evoluzioni e agli attori che lo popolano (lavoratori, sindacati, associazioni imprenditoriali, istituzioni locali, regionali, statali), osservate attraverso il filtro metodologico della sociologia, in particolare della sociologia economica, della sociologia del lavoro e dei connessi studi sulle relazioni industriali.

Negli anni dell’Università mi è capitato di collaborare alla stesura di rapporti di ricerca di vario tipo con istituti di ricerca del territorio fiorentino. Al termine del tirocinio curriculare svolto nel primo anno della laurea magistrale, ho pubblicato la ricerca (in quel caso più di carattere storico che sociologico) che avevo scritto nei mesi dello stage, incentrata sulla ricostruzione della contrattazione territoriale all’interno del distretto calzaturiero della Valdinievole, in provincia di Pistoia (“Calzaturiero Valdinievole. La contrattazione territoriale 1977-1998”, I.S.R.Pt editore). Sulla base di questa esperienza di ricerca ho successivamente impostato la mia tesi di laurea specialistica che analizza in chiave comparata due distinti sistemi manifatturieri locali e i rispettivi sistemi di relazioni industriali (di prossima pubblicazione).

Nonostante non mi occupi principalmente di ricerca l’interesse per la conoscenza e lo studio delle tematiche legate al mondo del lavoro rappresenta un punto fermo che cerco di alimentare informandomi, leggendo libri, saggi e ricerche e, quando posso, partecipando a convegni, seminari o giornate di studio incentrate sugli argomenti per me di maggiore interesse.

Quali sono le peculiarità del distretto calzaturiero della Riviera del Brenta, oggetto della sua ricerca e dei suoi approfondimenti sul tema della pratica partecipativa?

In maniera estremamente sintetica, si potrebbe dire che le caratteristiche che distinguono questo distretto da altri sistemi produttivi simili, sono due.

La prima si ritrova nella struttura produttiva del distretto. La produzione manifatturiera in Riviera del Brenta ha assunto nel tempo caratteristiche che l’hanno portata a distanziarsi dal modello distrettuale classico, caratterizzato dalla presenza di agglomerati di imprese piccole e piccolissime che si interfacciano tra loro, grazie alla vicinanza geografica, attraverso rapporti prevalentemente di tipo orizzontale. Dagli anni ’90 in poi il distretto del Brenta ha invece intrapreso uno sviluppo che, passando per una serie di trasformazioni e riorganizzazioni aziendali, lo ha portato ad avere oggi un numero maggiore di imprese di medie dimensioni, che entrano in contatto con le imprese più piccole (presenti ancora in numero assai considerevole), attraverso rapporti di fornitura di vario tipo. Il distretto, in linea con la tendenza regionale del Veneto, presenta quindi un’organizzazione produttiva tipica della cosiddetta “impresa rete localizzata”, che si caratterizza per la presenza di imprese di grandezza mediamente maggiore, che legano loro imprese più piccole che curano, ad esempio, la lavorazione di singole fasi del processo produttivo. In parte è dovuto proprio a questo se nel distretto calzaturiero sono ancora presenti imprese con il proprio marchio, che riescono a competere con le pressioni del mercato globale; diversamente, in molte altre realtà manifatturiere italiane, le aziende presenti un tempo sono state acquistate da piccole o grandi multinazionali della moda.

La seconda caratteristica peculiare, e a mio avviso la più interessante, risiede nell’assetto del sistema locale di relazioni industriali. In questo territorio i sindacati dei lavoratori e le associazioni di rappresentanza imprenditoriale, soprattutto A.C.Ri.B. (l’associazione delle imprese industriali), hanno sviluppato nel tempo un sistema relazionale che ha permesso loro di confrontarsi su tematiche che sono andate oltre la regolazione contrattualistica del lavoro. Indubbiamente la presenza di una tradizione di contrattazione integrativa di secondo livello di carattere territoriale, ha favorito, a partire dai primi anni ’70, i rapporti tra le parti; la tradizione di rapporti collaborativi ha creato fiducia tra gli attori sindacali e questa a sua volta ha influito sul rafforzamento delle relazioni industriali locali. Oltre all’esperienza della contrattazione territoriale, un altro elemento che ha agito da catalizzatore dell’azione regolativa sindacale è stata l’assenza della componente politica nelle questioni relative allo sviluppo del distretto. Il tentativo di coinvolgere le istituzioni locali (in particolare i Comuni) nel ripensamento degli interventi strategici per valorizzare al massimo le capacità produttive del distretto, termina con l’esperienza fallimentare del Patto Territoriale per la Riviera del Brenta: gli impegni presi attraverso uno scambio trilaterale tra parti sociali e governi locali vengono disattesi da questi ultimi. L’abitudine della politica locale a delegare la regolazione delle materie di lavoro agli attori delle relazioni industriali, ha rafforzato ulteriormente il ruolo regolativo a livello locale di questi ultimi. In questo senso è interessante far notare che le parti sociali sono arrivate a riconoscere formalmente, nei testi degli accordi stipulati dal 2000 in poi, che l’assetto delle relazioni industriali nel Brenta rappresenta un patrimonio da mettere al servizio dello sviluppo del distretto: è da questa consapevolezza del ruolo di protagonisti della regolazione locale che sono nati interessanti esperimenti di collaborazione fattuale tra sindacati e rappresentanze imprenditoriali, come ad esempio la creazione della Consulta territoriale, ovvero di un organismo istituzionalizzato (nel senso sociologico del termine) dove confrontarsi su tematiche ritenute strategiche per lo sviluppo del tessuto produttivo, attraverso una partecipazione al tavolo dei principali attori delle relazioni industriali a livello locale (sindacati da una parte, rappresentanze industriali e artigiane dall’altra).

Qual è a suo parere il valore aggiunto portato dalla costituzione della Consulta territoriale?

La Consulta ha rappresentato una scommessa di partecipazione vinta dalle parte sociali della Riviera del Brenta. Può capitare infatti che si venga a costituire un luogo per il confronto periodico, che poi però nel concreto non viene utilizzato, resta vuoto; nel caso in questione invece la nascita di una sede partecipativa di confronto bilaterale è stata utilizzata dalle parte sociali per periodici confronti che sono sfociati in progetti poi messi in atto nel territorio. Dell’abitudine all’utilizzo di questo strumento relazionale istituzionalizzato ha giovato il sistema di relazioni industriali stesso, rafforzandosi ulteriormente e allontanando il pericolo legato all’adesione volontaristica (in mancanza di un qualsiasi riferimento normativo) delle parti che partecipano alla Consulta: i vincoli informali che si sono creati anche grazie all’utilizzo di questa sede di confronto hanno reso più stringente il locale sistema di relazioni industriali e più complicati e meno convenienti le strategie di exit unilaterale dal sistema relazionale, costringendo gli attori sindacali a passare sempre per la strada della concertazione bilaterale.

Un secondo punto chiave dell’organizzazione della Consulta riguarda la partecipazione delle associazioni artigiane, fattore che ha anche permesso il superamento di un limite della contrattazione territoriale di secondo livello: mentre quest’ultima coinvolge essenzialmente i sindacati da una parte e le associazioni delle aziende industriali dall’altra, lasciando fuori dalla contrattazione diretta i molti piccoli laboratori e aziende non sindacalizzate, la Consulta ha una composizione che rispecchia maggiormente la distribuzione territoriale delle forze produttive (imprese industriali e imprese artigiane). Questa composizione allarga la partecipazione (che diviene a questo punto di ambito territoriale) a soggetti prima esclusi dal canale unico di regolazione rappresentato dal contratto territoriale, e arricchisce il confronto di punti di vista diversi, garantendo un’equa rappresentanza delle istanze di tutte le componenti del lavoro all’interno del distretto. Questo a sua volta si ripercuote su decisioni maggiormente inclusive e di respiro più generale, finalizzate all’aumento di competitività complessiva del distretto nel suo insieme.

Oltre a questo reputo che la Consulta abbia permesso alle parti sociali di giocare un ruolo in parte inedito per delle organizzazioni di rappresentanza degli interessi. La crisi economica recente ha fatto sentire i propri effetti anche nel distretto del Brenta e ha avuto impatto negativo sui contenuti degli accordi integrativi territoriali: come spesso avviene nelle crisi, la contrattazione tende a diventare maggiormente difensiva e a depotenziarsi negli aspetti non strettamente economici. A riconferma di questo la contrattazione territoriale ha subito un arresto in Riviera del Brenta dal 2008 in poi: anche l’ultimo rinnovo avvenuto alcuni mesi fa, ha prorogato di fatto solo la parte economica legata al premio di risultato, lasciando invariate le altre parti dell’accordo. Ma mentre la contrattazione si svuotava, la Consulta, di pari passo, si riempiva di nuovi contenuti e confronti: è come se questa sede fosse stata utilizzata dagli attori delle relazioni industriali come una corsia parallela a quella contrattuale, attraverso la quale mettere in pratica quei progetti, reputati strategici, non perseguibili attraverso il perno regolativo del contratto territoriale. Quindi la Consulta ha rappresentato indubbiamente uno strumento attraverso il quale le parti sociali hanno provato a gestire la crisi economica e tutta una serie di aspetti negativi legati ad essa. Un esempio su tutti che sembra particolarmente calzante: in Consulta sono state elaborate strategie di outplacement e di formazione per la manodopera fuoriuscita da alcune aziende in crisi, al fine di ricollocare i lavoratori in altre imprese del territorio.

Quindi, riepilogando brevemente, la Consulta ha favorito un’ulteriore stabilizzazione del sistema locale di relazioni industriali; ha aperto anche alle rappresentanze delle imprese artigiane (numericamente ancora significative nel distretto) la possibilità di partecipare alla definizione delle strategie di sviluppo distrettuale; ha rappresentato uno strumento indispensabile per rispondere alla crisi e ai suoi effetti in maniera attiva, e non solo passiva e difensiva.

E quali sono le prospettive e le aree di sviluppo e miglioramento della pratica partecipativa nel distretto?

Al momento è difficile capire in che direzione evolveranno le pratiche partecipative nel territorio del Brenta. Questo si lega al fatto che il tema della partecipazione, pur evidentemente presente e avvertito dalle parti sociali, non rappresenta al momento la tematica dominante del dibattito sindacale. Questo aspetto si lega probabilmente anche al fatto che l’attuale sistema di relazioni industriali ha dato buoni risultati e che quindi ci sia maggiore attenzione sulle problematiche puntuali del distretto, piuttosto che sull’architettura complessiva (organizzativa) del sistema relazionale e dello strumento partecipativo territoriale. Di conseguenza occorre essere consapevoli che ogni ragionamento sul futuro della partecipazione rischia di essere smentito dalla prova dei fatti.

Sottolineati i limiti e le difficoltà delle possibili previsioni, alcune riflessioni, frutto di personali elaborazioni, possono essere qui proposte. Da quanto detto sopra è evidente che la partecipazione che ha luogo all’interno della Consulta non avviene nelle modalità alle quali siamo soliti pensare quando parliamo degli strumenti partecipativi, che sono tipicamente caratterizzati dall’essere utilizzati in maniera diretta dai lavoratori, all’interno delle aziende, su progetti di innovazione (di processo e di prodotto). Quella della Consulta è una partecipazione indiretta (attraverso i rappresentanti sindacali), di ambito territoriale e su progetti che assumono le caratteristiche di beni collettivi locali.

Queste tre caratteristiche della partecipazione di ambito territoriale pongono delle questioni alla pratica partecipativa, in particolare sul rapporto tra decisioni in Consulta e loro ricaduta effettiva sulle decisioni strategiche delle imprese: in particolare sarebbe interessante capire se un aumento di incisività delle decisioni prese in Consulta (nel senso di un maggiore condizionamento da parte delle parti sociali sulle scelte strategiche delle imprese) sarebbe auspicabile, e se sì, in che modo un organo territoriale potrebbe riuscire a influenzare maggiormente le strategie delle imprese distrettuali (avvicinando gli output della partecipazione di ambito territoriale a quelli della partecipazione aziendale). Sarebbe interessante capire, in altre parole, se quella partecipazione “incisiva”, ritenuta auspicabile da vari studiosi di relazioni industriali, sia già presente in Riviera del Brenta, oppure se le potenzialità del sistema partecipativo territoriale debbano ancora esprimersi appieno.

A tal proposito si può ricordare che le parti sociali hanno previsto, prima della costituzione della Consulta, la creazione di gruppi di miglioramento composti da parte datoriale e RSU (una forma di partecipazione più diretta e interna alle aziende). La Consulta è divenuta successivamente il punto di riferimento del lavoro dei gruppi di miglioramento, creando un canale di scambio importante che parte dai gruppi di miglioramento e arriva alla Consulta (i gruppi di miglioramento rilevano determinate problematiche a livello aziendale, che vengono riportate in Consulta e diventano tema di confronto). Le parti sociali hanno a disposizione un’infrastruttura della partecipazione basata su due strumenti partecipativi su due diversi livelli (Consulta e gruppi di miglioramento): è ipotizzabile allora che, qualora le parti sociali dovessero in futuro scegliere di rafforzare le pratiche partecipative nel distretto, decidano di passare per un ripensamento del rapporto tra partecipazione territoriale e partecipazione aziendale, proponendo meccanismi innovativi di dialogo e confronto tra Consulta territoriale e gruppi di miglioramento.

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