Gabriele Gabrielli – Ricercare partecipazione, un fattore di sostenibilità della gestione delle risorse umane

Manager e team HR hanno numerose aree sulle quali impegnarsi per costruire condizioni capaci di generare «lavoro dignitoso e sostenibile». Tra queste riveste un rilievo particolare la progettazione organizzativa (work & job design), una dimensione che forse è stata trascurata e privata di quell’attento presidio che invece merita. Soprattutto in un tempo come questo nel quale le innovazioni tecnologiche possono avere conseguenze ancora più importanti che nel passato sui contenuti, sulla qualità e sul significato dei lavori.

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Benessere e azionariato dei lavoratori, avanza un nuovo “modello”?

Come tutti i fenomeni di portata “epocale”, anche il tema della partecipazione dei lavoratori all’interno delle aziende ha tempi e modalità di lunga durata. Vecchie mentalità sono al tramonto. La conflittualità ideologica non sembra più essere un orizzonte realistico, sia per i lavoratori che per il mondo imprenditoriale. Meglio mediare, costruire percorsi condivisi, fidelizzare i dipendenti, riconoscendone il valore professionale.

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Intelligenza artificiale. Il Fondo monetario ha paura dei robot al lavoro.

«Dobbiamo avere paura della rivoluzione dei robot?» si chiedevano in un incontro dello scorso dicembre gli esperti del Fondo monetario internazionale e quelli del campus asiatico dell’Insead, la scuola della classe dirigente francese il cui Mba è al primo posto della classifica dei corsi per manager elaborata dal Financial Times. La questione degli effetti che l’automazione e l’intelligenza artificiale possono avere sul mondo del lavoro e sulle nostre economie da qualche anno è uno dei temi più discussi dagli economisti, che si dividono in ottimisti e pessimisti, con qualche via di mezzo.

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Matteo Pirazzoli – Contro l’accordo quadro tra Confindustria e confederali !

LA POSTA IN GIOCO DELL’ACCORDO QUADRO: LA RISTRUTTURAZIONE DEL CAPITALISMO ITALIANO (INDUSTRIA 4.0).

Si è visto che le nuove tecnologie che si vogliono implementare nell’industria permettono una maggior cooperazione, ovvero aumentano il livello di controllo automatico dei ritmi di lavoro, consentendo di produrre di più e con meno operai, scaricando la maggior parte di fatica fisica e mentale sui lavoratori. In questa maniera i padroni tentano di estrarre maggior plusvalore dagli operai, aumentandone lo sfruttamento con accorgimenti che non implicano elevate spese fisse (si pensi al tristemente famoso braccialetto di Amazon).

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Il percorso di Vittorio Foa, teorie ed esperienze di democrazia industriale.

Tra gli ostacoli che sbarrano la strada a una comprensione del nostro presente vi è quella visione semplificata, quando non caricaturale, del Novecento, che vediamo condivisa da retoriche diverse – anche schierate su fronti politici opposti: una visione che, in estrema sintesi, lo definisce come il secolo della grande fabbrica, della quale la società, la politica, il sindacato avrebbero riprodotto, specie nel trentennio del compromesso “keynesiano” (“età dell’oro” nello schema del Secolo breve di Hobsbawm), sia la capacità di generare prosperità che la fondamentale rigidità delle strutture.

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L’idea di lavoro in Europa. Sintesi di una ricerca dell’ILO.

Come cambia l’idea del lavoro in Europa? Tenta di rispondere a questo interrogativo Dominique Méda, Professoressa di sociologia all’Université Paris-Dauphine e Direttrice dell’IRISSO (Institut de Recherche Interdisciplinare en Sciences Sociales), la quale ha di recente pubblicato una ricerca commissionata dall’ILO volta ad analizzare l’evoluzione del concetto di lavoro alla luce dei cambiamenti economici e tecnologici, nonché i suoi effetti sui lavoratori.

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