Migliorare le performance, migliorare il salario: la proposta della CISL per un nuovo modello contrattuale.

La Cisl ritiene che il ruolo delle parti sociali sia indispensabile in un paese moderno per la realizzazione di un modello di democrazia diffusa e rispondente ai principi costituzionali che affermano il lavoro come elemento fondante della nostra repubblica. L’impresa e il lavoro sono l’asse costituente del nostro sistema economico e sociale ed i soggetti su cui costruire le prospettive di sviluppo e di benessere nel superamento di questa crisi che occorre sconfiggere. La regolazione dei rapporti di lavoro nell’ambito delle imprese e la certezza delle regole della rappresentanza delle parti sociali sono elementi centrali per il nostro sistema paese.

In questo quadro il sindacato confederale ha unitariamente avviato – attraverso un processo di autonoma definizione con le organizzazioni imprenditoriali – un sistema di regole della rappresentanza che è impegnato a portare a compimento in tutti i settori in tempi brevi. In questo ambito sono state anche recuperate – a parziale superamento degli accordi del 2008/2009 sul nuovo modello contrattuale – le regole fondamentali delle relazioni sindacali che hanno consentito un esercizio della contrattazione come strumento fondamentale della gestione della crisi e con un livello di tenuta superiore a quello di molti paesi europei in cui la contrattazione è stata considerata come “un lusso non consentito in tempi di crisi”. Oggi occorre un progetto nuovo e coraggioso capace di fare delle relazioni sindacali e della contrattazione, non solo uno strumento (di per sè importantissimo) di tutela del lavoro, ma un vero e proprio volano di sviluppo economico e sociale, capace di rilanciare la produttività e la competitività delle imprese attraverso la valorizzazione anche economica del lavoro e scelte strategiche innovative nella produzione, nei servizi e nella pubblica amministrazione. Questa è a nostro avviso la scelta realistica per tornare a far crescere un’occupazione di qualità. Per queste ragioni la CISL presenta le proprie proposte per un nuovo modello contrattuale, aperta al confronto con le altre organizzazioni sindacali e con le organizzazioni imprenditoriali, chiedendo, nel contempo, al governo di favorire un percorso di autonoma determinazione tra le parti sociali. Questo è, non solo fattore di pratica democratica diffusa, ma sicuramente più rispondente alla necessità di trovare soluzioni condivise e mirate alle caratteristiche dei singoli contesti.

SOSTENERE IL RINNOVO DEI CONTRATTI NAZIONALI Nell’approssimarsi della stagione di rinnovo per molti contratti nazionali il primo segnale non può che essere il via libera a percorsi di rinnovo in tempi rapidi in coerenza col valore da noi attribuito alla contrattazione come fattore di sviluppo economico e sociale.

ESTENDERE LA CONTRATTAZIONE SIA DEL PRIMO CHE DEL SECONDO LIVELLO Un primo obiettivo è quello di estendere la pratica e la copertura della contrattazione in tutti i settori ed ambiti del lavoro pubblico e privato nel nostro paese per affermare un sistema di regole che eviti rischi di dumping per i lavoratori e di concorrenza sleale tra le imprese. Un sistema contrattuale, quindi, chiaro ed affidabile che dia certezze e fiducia a chi vuole lavorare ed investire nel nostro paese. In questo quadro occorre anche avviare un processo di razionalizzazione nel panorama dei contratti nazionali contrastando una proliferazione del loro numero non legata ad oggettive esigenze di articolazione contrattuale.

AMMODERNARE LA STRUTTURA DELLA CONTRATTAZIONE Il contratto nazionale deve caratterizzarsi sempre più come centro regolatore del sistema contrattuale a livello di settore ed essere aperto alla ricerca di diversi equilibri normativi verso il secondo livello di contrattazione. Deve quindi rafforzare il proprio impianto di norme di base comuni per tutti i lavoratori del settore ed attenuare il proprio peso nella normativa di dettaglio che va più efficacemente gestita nel secondo livello di contrattazione. Per quanto riguarda il salario il contratto nazionale deve confermare la propria titolarità di fissare i minimi retributivi per tutti i lavoratori del settore in attuazione del dettato costituzionale ed in alternativa ad un salario minimo definito per legge, avendo come obiettivo centrale la tutela del potere di acquisto dei salari anche alla luce delle attese inflazionistiche nell’ Eurozona. Le parti potranno definire a livello dei singoli settori sistemi e strumenti di monitoraggio e valutazione degli andamenti e delle tendenze (ad esempio Osservatorio di settore) al fine di disporre di elementi di conoscenza condivisi propedeutici alla contrattazione.

CONTRATTAZIONE TERRITORIALE “L’alleggerimento” del contratto nazionale deve comportare un contestuale irrobustimento – per qualità e quantità – della contrattazione di secondo livello. Indispensabile prevedere la possibilità di contrattazione territoriale da applicare alle aziende in cui non si fa contrattazione aziendale. Va affidata, inoltre, ai contratti nazionali la possibilità di coniugare la contrattazione territoriale non solo in termini “istituzionali” ma anche lungo il reale asse di dislocazione delle imprese (distretti, filiere, settori e sottosettori). Ciò consentirebbe di cogliere e di valorizzare gli elementi ed i problemi comuni di aziende che hanno reali affinità di tipo organizzativo, di tecnologie, di esposizione al mercato ecc.

SALARIO DI GARANZIA Fermo restando l’obiettivo di promuovere la contrattazione di secondo livello i contratti nazionali definiranno uno specifico istituto salariale di garanzia distinto dai minimi da erogarsi nelle aziende in cui non vi sia alcuna forma di contrattazione a contenuto economico. Tale elemento retributivo dovrà essere rapportato al valore medio del salario contrattato a livello decentrato nelle imprese del settore sulla base di parametri di produttività, redditività, efficienza e qualità. Tale elemento andrà erogato a fronte del permanere di un’assenza di contrattazione di secondo livello a contenuto economico. A fronte della istituzione per via contrattuale di secondo livello di un elemento salariale, il salario di garanzia cesserà di essere erogato – previa verifica delle parti in merito alla congruità ed attendibilità del sistema salariale legato ad obiettivi individuato – in occasione della corresponsione del primo importo di tale elemento salariale.

DURATA DEI CCNL La durata dei ccnl è fissata – salvo situazioni eccezionali da definire nei singoli contratti – in tre anni. I ccnl potranno definire verifiche annuali o di metà periodo al fine di gestire in modo efficace e tempestivo gli effetti di eventuali anomalie degli andamenti e tendenze individuati per determinare i minimi salariali.

TRASFERIMENTO – REGOLATO DAI SINGOLI CCNL – DI COMPETENZE DAL PRIMO AL SECONDO LIVELLO DI CONTRATTAZIONE  Occorre superare una definizione standard e troppo di dettaglio da parte dei ccnl e trasferire competenze al 2° livello (non solo e non tanto in termini di “intese modificative”, ma di competenza ordinaria): il concetto dovrebbe essere che ciò che si genera e gestisce in azienda o sul territorio a quel livello deve essere contrattato. Infatti, per essere realmente aderente alle esigenze, la gamma dei regimi di flessibilità deve essere coniugata in modo “personalizzato”, in ragione delle caratteristiche dei diversi contesti. La flessibilità è uno dei temi più sentiti dalle aziende a fronte della domanda (e delle relative commesse) resa sempre più variabile ed incostante dal processo di globalizzazione dei mercati e della produzione di merci e servizi (la crisi agisce da amplificatore dell’instabilità della domanda). Bisogna tenete presente che: 1) a meno flessibilità contrattata corrispondono delocalizzazione, precarizzazione, ripiegamento; 2) In Italia ci sono orari più lunghi rispetto a Francia e Germania, ma produttività inferiore: il tema, quindi, non è lavorare di più ma meglio.

RILANCIARE LA PREVIDENZA COMPLEMENTARE PER TUTTI I LAVORATORI Può essere un terreno caratterizzante e qualificante dei contratti nazionali in chiave di garanzia sociale omogenea ed in relazione ai mutamenti degli assetti sociali e demografici. Alla luce delle esperienze fatte occorre puntare ad un sistema di adesione generalizzata ed automatica alla previdenza complementare dei lavoratori ai quali si applica la contrattazione collettiva di lavoro, mediante l’obbligo di versamento al fondo pensione del contributo posto a carico dei datori di lavoro per tutti i lavoratori ai quali si applicano i contratti medesimi. Un’adesione generalizzata ed automatica ai fondi pensione è la condizione per consentire a tutti i lavoratori di realizzare, nel futuro, trattamenti pensionistici adeguati alle proprie esigenze nell’età anziana, in linea con la finalità originaria della previdenza complementare. La previdenza complementare non può progredire al di fuori del contesto economico e produttivo che la esprime. E’ per queste ragioni che i fondi pensione di natura contrattuale devono ricercare strumenti e modalità che consentano, nel pieno rispetto della finalità sociale ad essa assegnata, di restituire al mondo del lavoro e al sistema economico e produttivo, almeno una parte di ciò che essi stessi hanno creato. Questo processo deve essere favorito attraverso un’adeguata ed opportuna iniziativa del Governo che crei le condizioni di convenienza finanziaria e fiscale affinché i fondi pensione possano realizzare politiche di investimento orientate allo sviluppo dell’economia reale nazionale e locale. Occorre inoltre favorire un processo di aggregazione dei fondi in un’ottica di sostenibilità economica ed efficienza.

WELFARE CONTRATTUALE e FLESSIBILITA’ Un elemento di novità per favorire la praticabilità di forme di orario flessibile potrebbe essere quello di non utilizzare solo la leva di compensazione salariale ma quella del welfare contrattuale in chiave di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro: chiedendo al/alla lavoratore/trice l’effettuazione di orari flessibili viene offerto “in cambio” un pacchetto di prestazioni di welfare personalizzato che consentono di coprire impegni personali/familiari diversamente impedenti per la flessibilità sul lavoro. (Si possono citare ad esempio: asili nido, attività di cura/assistenza, disbrigo pratiche burocratiche, prenotazioni visite, sistemi di trasporto ecc.) Il welfare contrattuale assumerebbe, in questa coniugazione, una valenza non più solo di natura sociale (già di per se importante e qualificante), ma anche come elemento di fattibilità per la flessibilità degli orari e per la stessa innovazione organizzativa. Il welfare aziendale rappresenta oggi non solo una risposta strategica fondamentale per realizzare tutele ed erogare somme e servizi che concorrono, insieme a quelle pubbliche, alla realizzazione di migliori e più elevati livelli di benessere sociale, ma si pone sempre di più, in alcuni casi, anche come una leva strategica per migliorare la produttività e le condizioni ambientali del lavoro e per fidelizzare l’appartenenza dei lavoratori alla comunità aziendale. Per queste ragioni il Governo ed il Parlamento devono rimuovere tutti gli ostacoli che attualmente ne limitano la promozione e lo sviluppo da parte della contrattazione collettiva aziendale o territoriale, ampliando le tipologie delle prestazioni e dei servizi agevolabili fiscalmente e superando ad esempio le limitazioni che attualmente sussistono all’esenzione fiscale di alcune tipologie di beni e servizi di utilità sociale, che resta condizionata all’erogazione unilaterale e volontaria da parte del datore di lavoro ai dipendenti.

PARTECIPAZIONE STRATEGICA Un sistema contrattuale orientato all’innovazione e alla competitività richiede trasparenza e partecipazione. Quando si parla di partecipazione strategica non c’è nessun intento di confusione di ruoli o di invasioni improprie di campo. Occorre partire dal rafforzamento dei diritti di informazione e consultazione dando attuazione ed implementazione alle normative europee ed alle migliori prassi già in atto in molte aziende. L’innovazione funziona attraverso il consenso basato sulla comprensione delle problematiche e sulla condivisione delle scelte. L’effettività e la praticabilità dei diritti di informazione e consultazione è condizione necessaria affinché la partecipazione strategica possa utilmente svilupparsi a livello aziendale. Ciò richiede che la contrattazione collettiva a livello aziendale stabilisca i criteri e le modalità di fruizione di tali diritti, in modo che l’informazione possa venire acquisita nei tempi, con i mezzi e nelle modalità utili a consentire che le fasi di consultazione e negoziazione possano essere esperite efficacemente e non si esauriscano in momenti di confronto solo formale. Occorre uscire da una prassi di “partecipazione informale” e dare vita a momenti e strumenti partecipativi strutturati che possano svolgere ruoli simili a quelli dei consigli di sorveglianza presenti in alcuni paesi europei. La partecipazione non può essere imposta per legge ma è ormai sempre più urgente addivenire ad un testo normativo sul tema per rimuovere gli ostacoli che ancora si frappongono alla libera iniziativa delle parti, cogliendo le esperienze e le migliori pratiche esistenti a livello europeo ed innovando gli strumenti partecipativi esistenti nel nostro ordinamento, con particolare riguardo alla possibilità di prevedere forme di partecipazione alla governance dei rappresentanti dei lavoratori in quanto tali e strumenti di partecipazione finanziaria, in forma collettiva, dei dipendenti.

PARTECIPAZIONE ORGANIZZATIVA/GESTIONALE E’ la strada maestra per promuovere un processo diffuso di innovazione organizzativa nelle imprese, come fattore fondamentale di recupero di produttività e competitività. Occorre promuovere un coinvolgimento strutturato dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro in termini di innovazione. Esempi di intervento in questa direzione possono essere: introduzione nuovi modelli di odl, i team, i gruppi di progetto ed in generale tutti quei modelli organizzativi basati sull’ accorciamento delle filiere gerarchiche, e sulla valorizzazione del “sapere organizzativo” dei lavoratori (lean manufacturing-production-organization, WCM, team working, high performance work practices…..). La nostra idea di partecipazione richiede che un processo negoziale si avvii quando le parti sociali abbiano gli stessi elementi di conoscenza e – sulla base di questi – abbiano potuto condividere gli obiettivi da conseguire. Allora la contrattazione fa un salto di qualità perché diventa il modo per trovare le soluzioni (anche tecniche ed organizzative) che consentono di cogliere gli obiettivi condivisi. Un negoziato di merito, piuttosto che tattico, di posizione o basato sui puri rapporti di forza. C’è un aspetto della modernizzazione delle relazioni industriali che non si risolve con i modelli o con le regole (pure necessari), ma con un salto di natura culturale!

PROMOZIONE DELLA PROFESSIONALITA’ RESPONSABILE E’ strettamente collegata al tema della partecipazione organizzativa/gestionale (anzi ne è la condizione per attuarla) e va coniugata secondo alcune linee guida (propositività dal basso, autonomia e responsabilità decisionale, coinvolgimento, motivazione, soddisfazione, trasparenza, comunicazione, verifiche costanti, polivalenza, polifunzionalità, rotazione nelle mansioni/postazioni….) La fungibilità delle mansioni (ovvero sgangiare il riconoscimento professionale dalla rigidità della mansione) può essere coniugata lungo i seguenti assi. Polivalenza: capacità e disponibilità a ricoprire più posizioni di lavoro in senso orizzontale e verticale. Polifunzionalità: capacità di svolgere più attività di diverso contenuto, quali manutenzione, controllo qualità, miglioramento continuo ecc. Job rotation: ruotare su più posizioni di lavoro per acquisire visione organica e d’insieme del ciclo di lavoro. Anche ipotesi di stages presso altre aziende (vedi accordo interprofessionale francese del gennaio 2013). Occupabilità ed impiegabilità: non solo l’occupabilità nella gestione della riconversione e del reimpiego ma la creazione delle condizioni per l’utilizzo ottimale delle risorse umane in condizioni di “normalità”.

POTENZIARE LA LEVA DELLA FORMAZIONE CONTINUA SUPERANDO UN APPROCCIO DI TIPO “EMERGENZIALE” La formazione di ogni lavoratore deve essere acquisita come un diritto soggettivo a partire da un monte ore annuo dedicato. La necessità di un salto di qualità del lavoro e della professionalità nell’ambito di un percorso di innovazione organizzativa orientato alla qualità delle produzioni e dei processi produttivi richiede un investimento sulla formazione in termini progettuali. La formazione professionale diventa strategica e va realizzata attraverso pratiche partecipative e sulla costruzione di una rete di competenze. In questo ambito vanno rafforzate le normative sulle 150 ore indirizzandole alla crescita delle competenze e della professionalità di ogni singolo lavoratore. Gli ambiti su cui indirizzare le azioni formative sono quelle della formazione per la crescita professionale e della formazione per la riqualificazione. La formazione va adeguatamente incentivata anche con misure di sostegno economico a partire dalla decontribuzione delle ore effettivamente impiegate per attività formative. La programmazione e la gestione della formazione devono collocarsi all’interno di una prassi concordata col sindacato e con le RSU in azienda come elemento qualificante del sistema di relazioni. In questo ambito va istituita la figura del delegato sindacale alla formazione.

IMPLEMENTARE LA FORMAZIONE CONGIUNTA Occorre un progetto di promozione e sostegno culturale se si vuole veramente un nuovo modello contrattuale. Bisogna investire nuove risorse. La formazione congiunta – attraverso percorsi che vedono insieme management e delegati sindacali – può essere una importante leva di avanzamento culturale verso un sistema di relazioni industriali di tipo partecipativo, orientato alla trasparenza, all’acquisizione di conoscenze comuni ed alla creazione di un’attitudine all’analisi comune dei problemi ed alla loro soluzione in termini oggettivi e non ideologici. Si potrebbero prevedere nuovi strumenti di bilateralità categoriale raccordati con Fondimpresa.

CONTRASTO AL FALSO LAVORO AUTONOMO E ALLA COOPERAZIONE SPURIA / SUPERAMENTO LAVORO A PROGETTO Un nuovo, significativo spazio, si apre per la contrattazione nazionale con l’azione di contrasto del falso lavoro autonomo avviata dal Jobs Act. Viene infatti introdotto un criterio generale di riconduzione al lavoro subordinato, che dovrebbe rendere assai più difficile l’abuso delle collaborazione e delle Partite Iva, stante anche il superamento del lavoro a progetto e dell’associazione in partecipazione. Contemporaneamente viene affidata ad accordi nazionali la possibilità di consentire “deroghe” alla nuova normativa, a fronte di effettive e specifiche esigenze di settore, nonché di regolamentazioni specifiche che prevedano diritti e tutele adeguati per i lavoratori coinvolti. Tali circostanze andranno valutate con particolare attenzione, dal momento che non si potrà andare a “coprire” qualunque tipo di situazione. In particolare si dovrà considerare la sussistenza di reali margini di autonomia, se non totali, almeno abbastanza ampi da consentire la deroga, che dovrà comunque essere circostanziata e temporanea, e concessa a fronte di tutele economiche e normative a favore dei lavoratori, recuperando il più possibile le tutele previste dalla previgente normativa relativa al lavoro a progetto, ora abrogata, e stabilendo un compenso minimo. A ciò devono affiancarsi tutele per il lavoro autonomo genuino, stabilendo per le collaborazioni coordinate e continuative non riconducibili al lavoro subordinato e per le Partite Iva con determinate caratteristiche (iscrizione alla gestione separata Inps, limiti di reddito…) il riconoscimento di tutele essenziali come il contratto in forma scritta, la sospensione del contratto in caso di malattia, gravidanza, infortunio nonché il rafforzamento delle forme assistenziali. Un ulteriore versante di iniziativa va rivolto al contrasto alle forme di cooperazione spuria che ingenerano fenomeni di concorrenza sleale. In tal senso va rilanciato il ruolo degli Osservatori Provinciali istituiti presso le DTL.

INCREMENTARE L’UTILIZZO DELLE POLITICHE ATTIVE RISPETTO A QUELLE PASSIVE Per il reale start up di questo importante processo finalizzato a spostare l’asse dalle politiche passive a quelle attive sarà indispensabile, da qui al completamento del Jobs Act – momentaneamente “sospeso” nel suo sviluppo totale in attesa della riforma del Titolo V – avviare il processo di integrazione sussidiaria tra sistema pubblico e privato dei servizi al lavoro con la rapida definizione dei criteri/requisiti per gli accreditamenti e gli albi congiuntamente ai ‘livelli essenziali delle prestazioni’ a livello nazionale, eliminare l’attesa (attualmente prevista come requisito) di 6 mesi in stato di disoccupazione per poter attivare il contratto (assegno) di ricollocazione (in realtà strumento principale per accelerare il ‘passaggio da lavoro a lavoro’) evitando o comunque riducendo al minimo l’utilizzo degli ammortizzatori sociali in particolare quelli non in costanza di rapporto, concludere il processo di unificazione del Sistema Informativo, unico strumento possibile per accelerare l’avvio in tempi brevi del nuovo sistema a rete governato dall’Anpal previsto nel DL. Rispetto all’azione contrattuale e, in particolare, alla gestione delle vertenze di crisi e ristrutturazioni aziendali, l’oggettiva riduzione delle durate complessive della cassa integrazione, compensata dall’incentivo che consente di computare per metà le durate dei contratti di solidarietà, richiede un netto spostamento delle azioni previste. Da una parte si dovrà in ogni modo favorire lo strumento della solidarietà rispetto alla cassa a zero ore, dall’altra potranno esser previsti accordi specifici anche nell’ottica di anticipare il definitivo impianto normativo al fine di ridurre i costi sostenuti dalla collettività e (ora anche più di prima) dalle aziende favorendo invece interventi mirati e programmati di ‘politica attiva’ atti a generare o accelerare i percorsi di reimpiego o riconversione per numeri consistenti di lavoratori. In quest’ambito si potrà anche prevedere la partecipazione dell’azienda ai costi del contratto di ricollocazione. Lo sviluppo di tale politica contrattuale può essere ancor più convincente e realizzabile al II livello di contrattazione, in particolare nelle scelte aziendali – settoriali – territoriali. La definizione di dettaglio dei punti sopra descritti dovrebbe essere affidata ai ccnl in termini di linee guida per la contrattazione di secondo livello.

AUMENTARE LA QUOTA DI SALARIO VARIABILE LEGATA AD OBIETTIVI E RIPRISTINARE LA DETASSAZIONE E LA DECONTRIBUZIONE Le agevolazioni fiscali e contributive vanno rese strutturali e riferite a parti salariali legate ad obiettivi definiti attraverso la contrattazione, escludendo la possibilità di incentivare erogazioni unilaterali che sarebbero in netta contraddizione con la promozione di una contrattazione diffusa e di qualità. Il quadro di riferimento può restare quello definito dal DPCM del 22 gennaio 2013 (opportunamente precisato dalle circolari ministeriali successive al Decreto stesso) e riconfermato per il 2014, magari togliendo il vincolo delle 3 misure su 4: le misure che si scelgono saranno quelle effettivamente necessarie nei diversi contesti. Bisogna stimolare più efficacemente la crescita della produttività delle imprese, attraverso politiche che inducano le parti sociali e gli attori economici a scelte più coraggiose ed innovative, per migliorare la specializzazione e l’organizzazione del lavoro e dei sistemi produttivi. Da questo punto di vista è indispensabile che il Governo incentivi e sostenga lo sviluppo di modelli di contrattazione e di relazioni sindacali partecipative orientate alla crescita della produttività complessiva dei fattori, confermando l’attuale regime di decontribuzione e tassando, in modo agevolato, con un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali al 10%, la retribuzione accessoria e i premi di risultato erogati tramite la contrattazione collettiva aziendale e territoriale.

Roma, 21 luglio 2015

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