Intervista a Fabio Brescacin

BrescacinNato nel 1955 a Conegliano Veneto (Tv). Si laurea nel 1979 in Agraria all’università di Padova; frequenta per un anno l’Emerson College in Inghilterra. Rientrato in Italia apre con un gruppo di amici agronomi Ariele, uno dei primi punti vendita in Italia di alimenti biologici. Nel 1987 è tra i fondatori di Gea, azienda di distribuzione che poi diverrà Ecor S.p.A. e successivamente EcorNaturaSì S.p.A, ad oggi il principale distributore di prodotti biologici e biodinamici esclusivamente dedicato al dettaglio specializzato. Fabio Brescacin attualmente è presidente di EcorNaturaSì Spa.
Democrazia in azienda, qual è il suo pensiero ?
Democrazia è un termine che meglio si adatta a un contesto politico e giuridico. In azienda bisogna garantire il dialogo, il confronto e l’ascolto, perché le idee vengono da tutti; bisogna creare una comunità che sia sempre più partecipe della gestione, la partecipazione dei lavoratori all’impresa non è sinonimo di democrazia in azienda. Le decisioni devono essere prese da persone competenti che siano in grado di assumersi le proprie responsabilità.
Parliamo di pratiche partecipative, ci racconta la sua esperienza ?
Negli ultimi due anni abbiamo lavorato in piccoli gruppi per lavorare sulla mission aziendale, coinvolgendo tutti i Collaboratori in dieci incontri di contenuto strategico. Abbiamo ascoltato e condiviso pareri e critiche affinché ciascuno si sentisse realmente parte di un progetto ampio, direi globale. Incontri di reparto su temi più specifici e coordinati dal responsabile, proseguono e mettono in pratica le linee guida definite dalla mission; ognuno di noi deve concentrare la propria attenzione sulla soddisfazione dei propri Clienti, interni ed esterni, e contribuire allo snellimento e alla semplificazione dei processi aziendali.
Due volte all’anno, inoltre, ci incontriamo in plenaria per condividere i risultati economici e commerciali, le pianificazioni future, i nuovi progetti e anche le nostre preoccupazioni; il coinvolgimento è l’unico modo per consentire alle persone di sentirsi parte della comunità aziendale ed essere coscienti delle decisioni aziendali e sono convinto che sia un bisogno primario di tutti noi. Soddisfarlo contribuisce a rendere più sereno e consapevole l’ambiente di lavoro.
La consultazione formale avviene in gruppi più ristretti e, nella sua espressione di vertice, nell’ambito del Consiglio di Amministrazione. I consiglieri devono esprimere il massimo della competenza nelle loro aree di delega, ma devono essere persone che hanno veramente a cuore l’interesse dell’azienda e di tutti gli stakeholders: non credo in coloro che siedono in un CdA per rappresentare i propri interessi personali o quelli di una corporazione. Se devo pensare a una pratica partecipativa a contenuto innovativo, credo che la partecipazione azionaria di Clienti e fornitori potrebbe essere un terreno da esplorare; sono gli stakeholders a monte e a valle della catena del valore e potrebbero essere ottimi “guardiani” della salute dell’azienda.
Quale ruolo deve avere il governo nel rafforzamento delle pratiche partecipative e, più in generale, nel regolare l’attività aziendale ?
Le rispondo in estrema sintesi perché il ruolo del governo deve sempre essere quello di porre dei paletti, delle regole alle quali le imprese devono attenersi: dobbiamo pagare le tasse, garantire equità di trattamento ai lavoratori, rispettare l’ambiente; il governo deve orientare l’imprenditore verso una visione di impresa come sistema aperto, bene comune. Ma non andare oltre: la gestione economica, l’organizzazione del lavoro, i processi creativi non devono essere ostacolati da norme e appesantimenti burocratici, ma lasciati alla creatività imprenditoriale ed al confronto tra persone competenti e realmente immerse nel processo economico.

 

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