Seminario FISAC/CGIL “La contrattazione d’anticipo dei cambiamenti”.

Il seminario residenziale del 12 e 13 settembre intende dare seguito al percorso di studio e di elaborazione personale e collettiva- rivolto al gruppo dirigente della Camera del lavoro di Milano, avviato con il seminario di Darfo svoltosi nel Settembre 2016.


In questo anno, anche con le questioni connesse al Piano Nazionale “Innovazione 4.0” e al processo di digitalizzazione, è emersa la necessità di approfondire, con l’aiuto di studiosi ed esperti provenienti dal mondo accademico, della ricerca e della formazione, alcuni temi legati in particolare ai cambiamenti in corso nei modelli di produzione e nell’organizzazione del lavoro. Trasformazioni che toccano trasversalmente tutti i settori che vogliamo rappresentare e organizzare: dall’industria, al commercio, ai servizi, alla Pubblica Amministrazione.
Per questo – partendo dalle questioni affrontate a Darfo attorno alla partecipazione dei lavoratori nell’impresa, al sistema di relazioni industriali e alle sfide per la rappresentanza sindacale – il seminario che vi proponiamo quest’anno avrà come tema la contrattazione d’anticipo, ossia la nostra capacità di confrontarci con l’impresa in questa fase di importanti cambiamenti e di intervenire con la contrattazione nelle nuove forme di organizzazione del lavoro.

La Contrattazione d’anticipo dei cambiamenti

Il seminario di Darfo ha messo in luce quanto la questione della partecipazione influisca sulle relazioni industriali e sulle stesse forme della rappresentanza. Il documento unitario del gennaio 2016 per Un moderno sistema di relazioni industriali ha colto il problema: in un modello di sviluppo fondato sull’innovazione e la qualità del lavoro la partecipazione è questione decisiva da affrontare con un progetto autonomo. In questi mesi non si è consolidato, però, un punto di vista comune all’interno del sindacato . Accanto a significative, ma ridotte esperienze di partecipazione e di intervento nell’organizzazione del lavoro sulla base di processi decisionali bilaterali, secondo una pratica che si richiama al mitbestimmung tedesco, si sono molto diffusi , a cominciare da aziende leader come la FCA, o la Luxottica o la Pirelli, modelli organizzati ispirati al TPS (Toyota production system) che, pur nelle varianti WCM o lean production , hanno in comune il rapporto diretto tra impresa e lavoratori , che rende marginale il ruolo del sindacato. Molte grandi e medie imprese, anche in Lombardia, si sono riorganizzate secondo logiche coerenti di sistema per realizzare obiettivi di miglioramento continuo, di superamento delle criticità e degli sprechi, con una produzione centrata sul cliente e relazioni “partecipative” con i dipendenti. Moltissime aziende, pur non procedendo con logiche di sistema, stanno, però, applicando, in tutto o in parte, le tecniche gestionali del TPS come il just in time, il kanban ( il sistema informativo che regola la sincronia nel flusso produttivo) per organizzare non solo la produzione, ma anche la logistica; il total quality management e il muda (la lotta agli sprechi) per migliorare l’efficienza delle imprese.
Il salto tecnologico, che caratterizza l’ esteso processo di digitalizzazione che va sotto il nome di “Industria 4.0”, produrrà sul lavoro effetti diversi a seconda del tipo di organizzazione della produzione in cui verrà inserito. Nelle imprese digitali varrà sempre di più il concetto di “anticipazione” per lo sviluppo e la ingegnerizzazione non solo dei prodotti, ma delle procedure di lavoro. Già ora si calcola che durante la loro ideazione e progettazione si definiscono circa il 90% delle attività necessarie all’intero processo produttivo.
Per intervenire su questo utilizzo del salto tecnologico sono sempre meno efficaci le vertenze ex post. Governare il flusso di informazioni e definire il sistema di relazioni sono due condizioni perché i lavoratori ed il sindacato abbiano un ruolo attivo in questo cambiamento, anche per quanto riguarda le trasformazioni sociali indotte dal nuovo sistema di produzione e che sono particolarmente visibili nel processo di urbanizzazione. Ritorna centrale la questione della contrattazione d’anticipo, che è stata in Europa il punto di arrivo di forme di organizzazione del lavoro caratterizzate dal diritto dei lavoratori, a fronte di processi di modifica della produzione, ad essere consultati per poter avanzare pareri e proposte. Gli accordi sulle nuove tecnologie sono stati caratterizzati, in particolare nei Paesi scandinavi, da intese aziendali sorrette da linee guida discusse e definite da governo e poteri pubblici, esperti, imprese e sindacati . In un sistema fondato sulla partecipazione, seppur in via gerarchica come è la tendenza dominante, dove si punta a “fidelizzare” i lavoratori necessari (sempre meno numerosi) ed ad estendere per gli altri l’area e le forme del precariato, serve una azione sindacale sorretta da un progetto autonomo di mutamento dell’organizzazione del lavoro e di promozione della coesione sociale come condizione per dare efficacia all’azione di tutela, a cominciare dai livelli occupazionali, a cui il sindacato è chiamato in un Paese segnato da ritardi e arretratezze.

Tenere insieme capacità di interpretazione, attraverso la ricerca, dei cambiamenti nella produzione e nel territorio; definizione di progetti per il confronto con i decisori politici e contrattazione nei luoghi di lavoro sono le condizioni per sviluppare la contrattazione d’anticipo.

Industria 4.0: salto tecnologico e mutamenti nell’organizzazione del lavoro

L’esito di “Industria 4.0” sarà diverso se i suoi programmi si svilupperanno in un contesto che nega ruolo al sindacato o al più lo riconosce come struttura aziendale (sta qui la ragione di fondo della guerra scatenata contro il contratto nazionale di categoria) oppure se ci sarà riconoscimento del suo ruolo come interlocutore propositivo sui temi dell’organizzazione del lavoro, della produzione e dello sviluppo.
A tirare il processo di digitalizzazione della produzione è una domanda sempre più selettiva di prodotti maggiormente differenziati e integrati con contenuti di servizio. C’è bisogno di più informazioni (e della loro efficace gestione) e di più relazioni tra persone, oggetti e luoghi . Ne vengono tutta una serie di innovazioni: big data e intelligenza artificiale; IOT (internet of things), stampanti 3D e personalizzazione della produzione di massa; sharing economy, perché con la condivisione nessun asset economico rimanga inutilizzato e chiunque possieda un bene possa diventare insieme consumatore e produttore, abbassando drasticamente i costi. Questi processi hanno una forte pervasività, si applicano a una varietà di attività e di settori, dalle manifatture alla logistica, dai servizi alle Pubbliche Amministrazioni, influiscono sul lavoro liberandolo da molti aspetti ripetitivi, anche perché verrà potenziata la capacità delle macchine di rilevare errori e correggerli. Ai lavoratori è richiesto di gestire dati e strumenti tecnologici; di operare nelle reti tecnologiche e in quelle relazionali all’interno dei team di lavoro; di compiere, con il supporto delle tecnologie che aumentano le loro capacità, più operazioni simultaneamente.
La CONFINDUSTRIA ritiene che le condizioni per governare questo processo siano il dominio dei saperi operativi, scientifici e organizzativi da parte delle imprese e un sistema di produzione a elevata intensità di coinvolgimento e a bassa conflittualità .

Il punto di partenza per il sindacato deve essere la condizione di lavoro,dove crescerà sempre più lo stress psichico accanto alla fatica fisica. Per sostenere il processo di innovazione in tutti i suoi aspetti serve un lavoratore creativo, responsabile e coinvolto, ma già ora non sempre contributi di idee e partecipazione responsabile hanno adeguati riconoscimenti. Per questo formazione, riconoscimento professionale, autonomia e responsabilità nella prestazione diventano i primi terreni di progettazione e contrattazione del sindacato, a partire dal coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro.

Diritti di informazione e contrattazione degli algoritmi

Non solo il mercato, ma la vita sociale e politica e sempre più la produzione saranno segnati dai criteri con cui si organizzano e si selezionano le informazioni. Da un lato la Rete, per il fatto di essere diffusa, accessibile e gratuita, permette alle persone di autoprogrammare le proprie attività e di avere relazioni dirette tra individui e comunità, saltando poteri e gerarchie; dall’altro si sta formando una nuova concentrazione di potere nei gruppi che producono il codice, ossia il linguaggio informatico che, tramite gli algoritmi, è il motore della Rete e che dà agli utenti le istruzioni con le quali risolvere i problemi che quotidianamente delegano ai sistemi digitali. Gli algoritmi danno una parvenza di scientificità agli indirizzi che li determinano , occultando le scelte dei decisori e mantenendo credibile l’ideologia che la Rete permetta forme diffuse di partecipazione alla pari, mentre essa è colonizzata dai prodotti e dai servizi di Microsoft, Apple, Facebook, Amazon, Google. Anche per questo è preoccupante che il Ministero della Pubblica Istruzione abbia affidato a Microsoft l’alfabetizzazione al codice nelle scuole dell’obbligo.
Il carattere riservato e inaccessibile della potenza di calcolo che produce gli algoritmi sta creando una situazione non dissimile dalla crescente concentrazione della ricchezza o dalla presenza di monopoli nell’industria come nel controllo di servizi vitali. Tutto ciò influisce sulla vita delle persone, dalla gestione degli orari ai trasferimenti, dalla valutazione dei curricula nella selezione del personale alle varie forme di organizzazione del lavoro precario e della sharing economy

E’ necessario che si formi e si diffonda una consapevolezza critica della natura profonda dei processi tecnologici, che non sono neutri, e si sviluppi nella società un protagonismo negoziale da parte di gruppi di utenti professionali, di associazioni di consumatori, centri di ricerca e università, comunità locali .

Per quanto riguarda i lavoro, il sindacato deve sviluppare una nuova pratica di utilizzo dei diritti di informazione per rivendicare trasparenza nei processi che, attraverso gli algoritmi, rendono automatiche le attività discrezionali, sottraendole ad ogni controllo, e per negoziare, a partire dalle esigenze e dai diritti dei lavoratori, la modifica e la adattabilità dei codici e dei software.

L’inchiesta come strumento di conoscenza e di azione sindacale

Nel TPS la miniera di ogni miglioramento nel processo produttivo è il gen-ba ( il luogo di lavoro). L’osservazione delle persone che lavorano e il “dirigere con gli occhi” sostituiscono le pratiche tayloristiche del prescrivere e sorvegliare e permettono alle imprese di mettere in valore ( basti pensare a uno strumento come la “cassetta delle idee”) anche il lavoro informale, facendo proprio quel sapere che nell’organizzazione fordista aveva permesso ai lavoratori di difendere, in forma diretta o contrattata, propri spazi di autonomia nell’organizzazione del lavoro. La pratica della inchiesta nel luogo di lavoro è stata importante nel sindacato dei consigli per sviluppare la capacità di azione dei delegati, che, infatti, traggono origine da accordi sindacali per gestire le condizioni di lavoro (salute, sistemi di cottimo, tempi alle linee di montaggio) frutto non solo di un rapporto con il sapere dei tecnici, ma di nuove forme di partecipazione collettiva, di cui le inchieste e i programmi di ricerca erano parte. Non solo producevano conoscenze e competenze, ma mettevano in moto un processo di iniziativa e di partecipazione dal basso su cui si formavano la decisioni dell’organizzazione sindacale, a cominciare dalle piattaforme sindacali. Negli ultimi vent’anni si è avviato un processo di sostituzione dei gruppi omogenei con i team di lavoro e la diffusione dei team leader di emanazione aziendale. Mentre gli eletti delle RSU faticano a tener dietro alle mutazioni nell’organizzazione del lavoro, nel mondo WCM i team leader sono una rete diffusa, uno su sei. A ciò si accompagna una metodologia di soluzione dei problemi che vede i supervisori non dire ai lavoratori cosa fare, ma interrogarli mentre stanno lavorando (come stanno operando, se sanno di farlo correttamente, se sono sicuri che il prodotto sarà senza difetti, come reagiscono ai problemi ). Il problem solving si presenta così, nel TPS, come apprendimento dal basso e come inchiesta.

E’ da questa situazione che il sindacato deve ripartire formando i delegati alla cultura e alla metodologia dell’inchiesta sindacale. Tutte le questioni rivendicative connesse all’organizzazione del lavoro presuppongono che si sviluppi e si strutturi una elaborazione collettiva, ancor più necessaria nelle situazioni di maggior difficoltà dove l’azione sindacale è messa ai margini dall’iniziativa manageriale e aziendale.

L’inchiesta per il sindacato non solo raccoglie dati per capire i fenomeni, ma per costruirne una interpretazione a partire dal punto di vista dei soggetti coinvolti ed è , quindi, anche azione.

Ciò vale ancor più in questa fase di trasformazione del sistema di produzione e di salto tecnologico. Un sistema rigido, fondato su gerarchia e divisione del lavoro, era più facilmente interpretabile e negoziabile. Nel nuovo sistema partecipativo-tecnologico non contano le mansioni, contano i ruoli e le relazioni. Per negoziare bisogna sapere cosa fanno concretamente le persone, a partire dal luogo di lavoro; occorre essere messi a conoscenza dei contenuti “informali” della prestazione lavorativa.

La questione è se il “sapere” dei lavoratori è parte della resilienza dell’impresa rispetto alle varianze del ciclo produttivo oppure garantisce quello spazio di autonomia che può diventare base di una negoziazione individuale e/o collettiva.

Lo “smagrimento “ dell’impresa fordista, che concentrava produzione e saperi dando anche una impronta precisa alla struttura e al funzionamento delle città, ha portato a un sistema di lean production, quella che si definisce anche come produzione “snella”, la cui caratteristica è il decentramento delle funzioni e delle attività produttive (non solo operaie, ma tecnico -scientifiche ), tenute insieme dalle Reti sia di Internet che di una logistica sempre più estesa. Contemporaneamente i grandi supermercati sono diventati centri di aggregazione di forza lavoro e di relazioni sociali. C’è una massa crescente di persone, a cui manca l’esperienza fondativa del lavorare insieme e che operano nel nuovo terziario secondo modalità dove dominano velocità, stress, ansia.

Si allarga l’area del lavoro precario, che determina una condizione personale nuova: si vive nel presente mischiando insieme sensazione di inutilità e isolamento, malamente compensati dalla continua connessione in rete. Ne viene una forte spinta all’individualismo, al convincimento che, comunque sia, il lavoro “autonomo” è la via per liberarsi dalla subordinazione e che lo “sballo” del sabato sera compensi la stress della dipendenza gerarchica nel lavoro. Le metropoli, dove si concentrano il massimo di ricchezza e il massimo di emarginazione, dove sono più visibili i grandi trend che caratterizzano la fase presente (ineguaglianza, invecchiamento, immigrazione,impoverimento) hanno una capacità di integrazione e di coesione debole. Diffuso è il senso di insicurezza (non solo per l’ordine pubblico, ma per il lavoro, l’abitare, l’accesso alle prestazioni sociali, alla formazione e alla cultura).

La stessa interpretazione della direzione dei loro processi di trasformazione non è semplice (Milano è città del terziario o città di una nuova manifattura?). Rimangono indefiniti anche quali siano i protagonisti sociali che possono governare il cambiamento (i lavoratori, superando la spesso artificiosa separazione tra dipendenti e autonomi? I nuovi ceti medi che vivono di terziario? Il management della nuova manifattura e gli intellettuali delle università e dei centri di ricerca che se ne occupano?). All’impresa globale, a rete, che usa la forza lavoro in modo fluido e mobile, il sindacato deve opporre una capacità di riunificazione di azienda e territorio; di governo, oltre il posto di lavoro e le categorie, delle transizioni da un lavoro all’altro, da una condizione professionale all’altra; per contrastare nella grande trasformazione tecnica e sociale la crescente polarizzazione tra vincenti e perdenti .

Per questo serve una capacità di inchiesta sociale: per avere una lettura critica dei dati statistici ; per fare, attraverso il lavoro di campo, una verifica attenta delle tendenze che permetta una interpretazione innovativa e originale della realtà e lo sviluppo di una azione autonoma del sindacato.

(www-fisac-cgil.it, 11.09.2017)

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